Alla scoperta dei vini Doc di montagna
Pubblicato il: 03/08/2009

CiboVino: “Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste Doc”


In Valle d'Aosta i vitigni crescono su un territorio che si estende dai 300 metri di altitudine di Pont-Saint-Martin ai 1220 metri di Morgex (il più alto d'Europa). L'escursione termica esalta i profumi e gli aromi del vino mentre le ridotte dimensioni dei vigneti, che i vignerons (i vignaiuoli) riescono a ritagliarsi tra la roccia, impediscono la meccanizzazione nella vendemmia contribuendo all'unicità di questo tipo di viticoltura. Tre le aree di suddivisione: l'Alta Valle, dove i vigneti di Morgex e La Salle si specchiano sui ghiacciai e raggiungono le altitudini più elevate d'Europa, la Valle Centrale dove, tra Avise e Saint-Vincent si trova una vasta coltivazione di antichi vitigni autoctoni e la Bassa Valle tra Montjovet e Pont-Saint-Martin dove, tra i vitigni a bacca rossa si ammirano le antiche terrazze costruite dagli abili vignerons.
La storia della viticoltura valdostana ha origini molto antiche: già i Salassi, popolazione di origine celto-ligure, producevano vini locali sfruttando le antiche tecniche di coltivazione apprese degli Etruschi. In seguito, i Romani avviarono nella Vallis Augustana una vera e propria attività viticola, portando fino alle tavole di Cesare il vino prodotto a Donnas e Chambave. I primi documenti che ci parlano di vigneti valdostani risalgono al 1032-1035, quando il vino costituiva il censo dovuto a nobili e prelati prima di diventare, nei secoli successivi, una vera e propria merce di scambio, iniziando ad essere esportato nel Vallese e nel Tarentaise, creando una via del vino che, partendo dalle colline di Chambave, raggiungeva la valle del Rodano. Molti infatti gli affreschi, nei castelli e nelle chiese medioevali, che testimoniano l'importanza che questa coltivazione ebbe nel passato della Regione.
Nel corso dei secoli, il paesaggio valdostano fu rimodellato dai vignerons che costruirono suggestivi pergolati o filari, spingendosi nelle zone più impervie fino a considerevoli altitudini, sfruttando fazzoletti di terra estremamente parcellizzati. Seguì poi un lungo lasso di tempo in cui la viticoltura valdostana venne marginalizzata, per poi riprendersi negli anni Cinquanta quando iniziò a svilupparsi la viticoltura moderna. Motore di quest'azione di rimodernamento fu l'Institut Agricole Régional che, con i suoi studi e le sue ricerche sul territorio, contribuì a riorganizzare il settore. Fondamentale è stata altresì la promozione delle Caves Coopératives (Cantine Cooperative) e la realizzazione delle loro strutture nonché la recente istituzione, in Aosta, del Centro di Ricerca della Viticoltura di Montagna (Cervim) al quale aderiscono i principali centri europei di ricerca ed è promotore, ogni anno, dell'unico concorso enologico internazionale dedicato ai vini di montagna.
La ricchezza della viticoltura valdostana sta nei vitigni autoctoni (20 Doc). I vini "Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste Doc" rossi sono Enfer d'Arvier, Torrette, Nus Rouge, Chambave Rouge, Arnad-Montjovet e Donnas, Cornalin, Fumin, Gamaret, Gamay, Mayolet, Merlot, Nebbiolo, Petit Rouge, Pinot Noir, Premetta, Syrah e Vuillermin. Per i bianchi: Blanc de Morgex et de La Salle, Nus Malvoisie, Chambave Muscat, Chardonnay, Müller-Thurgau, Petite Arvine, Pinot Gris.

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