"16 artisti per TVS" è l'evento che presenta le nuove opere espressamente realizzate sulle padelle TVS da Arena, Migliora, Bartolini, Airò, Puppi, Vascellari. Insieme a quelle di Bianchi, Paladino, Pistoletto, Spalletti e di Arienti, Di Stefano, Pirri, Botto & Bruno, Favelli e Ruffo. Domenico Bianchi, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto ed Ettore Spalletti si erano già cimentati nel 2009 reinterpretando e rielaborando il contenitore (le pentole TVS), mentre quattro chef si erano dedicati "ad arte" al contenuto (il cibo). Nel 2010 altri sei artisti italiani della generazione anni '80 e '90 (Stefano Arienti, Nunzio e Alfredo Pirri, Botto & Bruno, Flavio Favelli e Pietro Ruffo) avevano firmato le pentole TVS attraverso la manipolazione fisica dei materiali e l'utilizzo del fondo della pentola come tavola da disegno. Quest'anno, grazie alla cura di Ludovico Pratesi, viene data nuova opportunità ad un utensile di uso comune di rivelarsi foriero di immagini, concetti, pensieri e fantasie. Così Michelangelo Pistoletto ha trasformato la padella in uno specchio per cogliere la verità, Domenico Bianchi ha riprodotto sul fondo gli stessi arabeschi argentati presenti nelle sue tele astratte, Mimmo Paladino l'ha dipinta di nero e vi ha posato sopra un uccellino, mentre per Ettore Spalletti è diventata un paesaggio collinare illuminato dai bagliori aranciati del tramonto. Stefano Arienti ne ha traforato il fondo con piccoli buchi fino a comporre l'immagine di un serpente, che ricorda le stampe orientali. Nunzio ha ripiegato la padella su se stessa trasformandola in una sorta di piccola barca metallica, simile a quelle realizzate con la carta. Alfredo Pirri ha dipinto di bianco la superficie esterna e l'interno di rosso fluorescente, che emana una pallida luce colorata. Una volta appoggiata alla parete, viene circondata da un alone luminoso che le conferisce un aspetto quasi sacrale. Botto & Bruno rappresentano un'immagine stampata sul retro della padella. Lo stesso procedimento è utilizzato da Flavio Favelli, che riproduce l'emisfero nord di un mappamondo, giocando sulla natura planetaria dell'oggetto utilizzato in ogni parte del mondo per preparare il cibo, mentre Pietro Ruffo ha posizionato all'interno della padella una carta geografica dell'emisfero australe, circondata dalle bandiere delle nazioni che si contendono l'Antartide (Cile, Argentina, Gran Bretagna, Australia), divorate a loro volta dalla sagoma di un insetto che si ciba di carta. Francesco Arena ci informa con una semplice scritta che si tratta della sessantesima parte di una delle celle della prigione di Guantanamo. Anche Marzia Migliora utilizza la scrittura per trasformare la padella in una sorta di bersaglio ottico ma nello stesso tempo concettuale. Massimo Bartolini vede la padella come il simbolo della pace semplicemente aggiungendovi altri tre manici. Anche Mario Airò sceglie un'immagine poetica, che ricorda i bagliori di un cielo assolato riflessi sull'acqua nel fondo di un pozzo. Daniele Puppi ha ammaccato la padella e la espone insieme alla registrazione del gesto violento di percuotere il metallo, mentre Nico Vascellari ha lavorato sull'inversione della catena alimentare e l'ha ridotta ad un pugnale per la caccia agli animali. Il fondo della padella diventa così una finestra sull'attualità, lasciando la libertà di affacciarsi e di giudicare direttamente proprio durante la presenza ad Arte Fiera.
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