Popoli e montagne dell’Asia Centrale Pubblicato il: 23/05/2011 |
Di Tour In Tour: “I Viaggi di Maurizio Levi” > 7 luglio, 2 e 18 agosto 2011 |
Per lungo tempo l'Asia centrale, composta oggi dalle repubbliche autonome del Kazakistan, del Kirghizistan, del Tagikistan, del Turkmenistan e dell'Uzbekistan, comprese tra il Mar Caspio ad occidente e la Cina ad oriente, la Russia a nord, l'Iran, l'Afganistan e il Pakistan a sud, hanno assistito nel tempo al sorgere di imperi potenti quanto effimeri quali quelli di Alessandro Magno, Gengis Khan, Tamerlano e poi dell'Unione Sovietica, al fiorire di città opulente maestre di cultura e di arte quali le splendide Samarcanda, Bukhara e Khiva, nonché al passaggio millenario dei mercanti e delle carovane in transito lungo la Via della Seta per collegare l'Estremo Oriente al Mediterraneo, in una sorta di globalizzazione ante litteram per merci e conoscenze. E nonostante l'apparente povertà ha sempre suscitato la cupidigia da parecchi popoli vicini e lontani, che l' hanno invasa e dominata: mongoli, turchi e cinesi da est, greci, persiani e arabi da ovest, solo per citare i più famosi, e ciascuno vi ha portato e lasciato qualcosa: zoroastrismo, islam, buddismo, manicheismo e cristianesimo nestoriano. E' stata anche oggetto in un recente passato di interesse da parte dell'impero britannico, presente a sud, e di quello zarista da nord, che si sono misurati in una delle prime guerre diplomatiche della storia, sostituiti oggi da Usa e Russia per le loro consistenti ricchezze minerarie. Questa regione lontana dal mare, dal clima continentale torrido d'estate e gelido in inverno, ad ovest si presenta con enormi steppe semidesertiche, dove la principale risorsa è rappresentata dall'erba e quindi dall'allevamento (cavalli, pecore, capre e cammelli), mentre a sud-est si eleva nelle più alte montagne della terra (Pamir, Hindu Kush, Tian Shan e Himalaya) con cime di oltre 7.000 m di altitudine e passi ad oltre 4.000; i pascoli d'alta quota, disseminati di laghi smeraldini, consentono la vita soltanto ad animali particolarmente resistenti, come la pecora di Marco Polo dalle enormi corna a tortiglione, lo yak e il mitico yeti, l'abominevole uomo delle nevi, mentre l'agricoltura rimane relegata alle vallate sedimentarie dei grandi fiumi. Una costante dell'Asia Centrale è sempre stato il perenne conflitto tra popolazioni nomadi, pastori poveri spesso costretti per sopravvivere a compiere razzie a scapito dei sedentari, obbligati invece a vivere entro centri fortificati, dai quali nacquero poi città imponenti e imperi potenti. Quando, due secoli fa, l'impero russo cominciò ad espandersi a sud, la regione era come oggi popolata da un vero caleidoscopio di gruppi etnici: kazaki, kirghizi, tagiki, uzbeki e turkmeni, ognuno con caratteristiche proprie ma che avevano in comune le lingue - tutte di ceppo turco - tanto da potersi intendere tra di loro, la religione musulmana e la scrittura araba. E in qualche modo si integravano anche nell'economia: i kirghisi pastori, gli uzbeki agricoltori, i tagiki artigiani e commercianti. Il retaggio sovietico, sopravvissuto al crollo dell'Urss e all'indipendenza ottenuta nel 1991, oltre a lasciare povertà, tensioni e incertezze, ha contribuito non poco a mischiare le carte, mescolando etnie ed economie, con l'aggiunta di una nuova etnia egemone, quella russa. |
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