Paesaggi
I paesaggi sono pronti.
Portano gioia e felicità
a ogni persona che passa di là.
I paesaggi sono unici
nella loro verità. Melody Aurora Sara
(9 anni)
La Processione del Venerdì Santo o del Cristo Morto di Chieti è una delle celebrazioni più antiche ed emozionanti di tutta Italia che si ripete intatto da secoli (per alcuni risale all'842 collocandosi così come la più antica d'Italia). Il corteo incappucciato delle antiche Confraternite procede cadenzato, al calar del sole, per le vie della città illuminata dalle fiamme di alti tripodi e dai ceri di migliaia di fedeli. Per la grande solennità rituale e l'intenso fervore spirituale, viene annoverata come una delle più significative espressioni religiose della Pasqua italiana
"Da notizie storiche documentate la sua origine viene fatta risalire, nella forma attuale, al secolo XVI, contestualmente alla fondazione dell'Arciconfratenita del Sacro Monte dei Morti, avvenuta sul modello della omonima "Confraternita dell'Orazione e Morte di Roma", a cui per un certo periodo il sodalizio teatino è stato aggregato, prima della sua formale istituzione avvenuta il 1603, per iniziativa del Capitano della milizia urbana Pietro Antonio Gigante, al quale l'autorità religiosa dell'epoca concesse, come sede, l'attuale Cappella annessa alla cripta di S.Giustino, nella cattedrale, rimasta ancora oggi sede dell'Arciconfratemita. Tra gli scopi delle prime Confratemite della Morte c'era quello di provvedere alla sepoltura dei cadaveri disseminati nelle campagne per atti di guerra e pestilenze, oltre ad altre opere di pietà, tra cui la preparazione del Venerdì Santo. Da documenti originali conservati negli archivi della diocesi è certa la partecipazione dei fratelli del Sacro Monte al Giubileo del 1650, celebrato a Roma alla presenza di Papa Innocenzo X, che oltre a ricevere i pellegrini, aveva emanato nel 1648 una bolla con la quale concedeva particolari privilegi ed indulgenze ai confratelli del Monte dei Morti teatino. La processione del Venerdì Santo di Chieti, nella sua forma più semplice risale ai primi decenni del secolo XVII; era incentrata su tre elementi simbolici dominanti: una Morte lignea a grandezza naturale, uno stendardo in damasco nero e un Catafalco su cui veniva posto il Cristo Morto. Accompagnavano questi tre simboli gli iscritti al Monte dei Morti con i rituali cappucci e vestiti di sacco. Nei primi decenni del Settecento cominciava a prendere parte alla processione anche il Coro dei Musici. La processione, fin dal secolo XVII, si svolgeva la mattina del Venerdì Santo. A metà dell'Ottocento venne spostata alla sera. Non essendoci ancora la luce elettrica si cominciò ad illuminare con candele e fiaccole le finestre e i balconi che si affacciavano lungo il suo percorso. Fu in quel periodo che vennero adottati, e rimasti in uso sino ai nostri giorni, i lampioni o "fanali" posti alla sommità di lunghe aste di legno portati dai fratelli delle Congreghe, di foggia diversa per ciascuna Confraternita. Nel 1965 vennero collocati lungo i tratti principali del percorso dei tripodi fissi in ferro battuto, rimasti in uso ancora oggi, su cui ardono le torce. Nel 1855 vennero introdotti nella processione i "Trofei della Passione" che precedevano le venerate immagini del Cristo e dell'Addolorata, realizzati dallo scultore teatino Raffaele del Ponte, allievo del grande maestro napoletano Antonio Nicolini, scenografo al teatro S. Carlo. La statua della Madonna Addolorata compare per la prima volta nella Processione nel 1833, mentre quella che si ammira oggi è del 1910. Il Cristo Morto è opera artistica, in legno policromo, del secolo XVIII ed è adagiato su una coltre di velluto nero riccamente ricamato, realizzata nel 1930 utilizzando precedenti ricami antichi in oro e argento, restaurati e trasferiti sul nuovo tessuto. La processione anche in tempo di guerra si è sempre svolta, sia pure in forma ridotta. In caso di maltempo o nevicata (come quella del 1939) il rito, sia pure con un percorso brevissimo, ha sempre avuto il suo regolare svolgimento. Memorabile la processione del 1944 allorquando le truppe di occupazione tedesca tentarono di rastrellare gli uomini che vi avevano preso parte. Fortunatamente quasi tutti riuscirono a mettersi in salvo attraverso le uscite secondarie della cattedrale. (tratto dal sito della Città di Chieti)
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